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News della sezione Progetti e ricerche su Venezia

20/06/2006 - Come salvare Venezia, tra utopie e progetti concreti

Tratto da "Il Gazzettino" del 20/06/2006

Nel luglio del 1999 il «Gazzettino» riportava una mia vecchia idea,databile al 1975, proposta all'attenzione della Commissione Tecnico-Scientifica di cui facevo parte, costituita dal Ministero dei Lavori Pubblici con Legge 73/171 per la soluzione della difesa di Venezia. L'idea, da me battezzata l'utopia per le grandi difficoltà tecniche ed economiche che si frapponevano alla sua realizzazione, prevedeva di portare tutta la città a quota di sufficiente sicurezza mediante interventi speciali e specialistici già al tempo percorribili e sperimentati. Oggi, dopo oltre trenta anni di proposte, progetti e contrasti, la vicenda del salvamento di Venezia rimane aggrovigliata e controversa e con essa il progetto Mose deputato alla difesa dalle «acque alte» dell'intero comprensorio lagunare. Ancora oggi resta l'indecisione sul futuro delle opere: chi ritiene indispensabile proseguire speditamente negli interventi (ma sembra manchino i fondi); chi considera il progetto devastante per l'ambiente tanto labile e delicato; chi richiede da subito il fermo dei lavori. Recentemente, si è aggiunta al coro dissonante la Royal Geographic Society inglese, che ha prefigurato la sorte, ahimè, triste ed ineluttabile (secondo loro) di Venezia. Di recente, molto importante è stato il lavoro svolto dal «gruppo di esperti» costituito dal Sindaco per l'esame comparativo degli interventi al Mose : l'analisi condotta è stata approfondita ed attenta, con giudizio finale incerto sulle «barriere mobili» sommerse. Tuttavia è da considerare e da tener presente che le cosiddette opere complementari - le conche ai porti, le «lunate» a mare, l'isola del Bacan; le altre opere fisse, cioè quelle che meno riflettono i criteri di sperimentabilità, gradualità, reversibilità, ecc. indicati dal Comitatone del 3 aprile 2003 - sono ormai in fase di completamento o già definite (e non più eliminabili) ma che possono essere ugualmente utilizzate. Resta da realizzare il «complesso delle barriere mobili», o altro dispositivo alternativo, direttamente deputato alla difesa di Venezia, cioè quelle opere che almeno in parte dovrebbero presentare i caratteri di reversibilità richiesti e che in futuro, se ritenute superate e necessariamente rinunciabili per causa di variazioni climatiche, di subsidenza accentuata; di progressivo eustatismo per effetto serra e/o scioglimento delle calotte polari, potranno essere eliminate senza lasciare pesanti tracce. Nell'immediato futuro, lo scenario possibile e proponibile dovrebbe contemplare la moderazione alle bocche dei tre porti per assolvere temporaneamente, in un periodo relativamente lungo, alla difesa della laguna dalle alte maree; nel frattempo si possono sperimentare nuove tecniche, come ha proposto di recente il Sindaco prof. Cacciari, ricordando l'esperimento condotto a Poveglia tra il 1971 e 1972, dove, con iniezioni profonde di particolari miscele, si ottenne il sollevamento del terreno e di alcuni edifici senza provocare danni: «bisogna riprender e il grande problema del rialzo della città: le tecnologie ci sono» (Gazzettino di Venezia del 16 novembre 2005). Analogo concetto ha sostenuto il prof. D'Alpaos, cattedratico dell'Università di Padova, che ha ritenuto «un errore grave aver abbandonato tali sperimentazioni». in merito sono state prospettate e proposte diverse soluzioni: iniezioni di acqua o di miscele solide nelle falde a 30 metri di profondità; sollevamento dell'intero cratere lagunare mediante iniezioni di anidride carbonica o acqua di mare a 600/800 metri, utilizzo di pozzi verticali ed altre, oltre alla più soffice ed idonea tecnica utilizzata qualche anno addietro per riqualificare la «casa dei sette camini», sollevata di circa 40 cm con speciali martinetti. In pratica le possibilità ci sono: occorre procedere sperimentando, «provando e riprovando», nel tessuto urbano con prudenza e determinazione, consapevoli di poter consegnare alle generazioni future una strepitosa Venezia salvata dalle acque (altro che la nuova Disneyland!). Ma allora... non era un'utopia.

Alessandro Sbavaglia, già presidente del Magistrato alle Acque

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14/06/2006 - A proposito di MoSE e Acqua Alta

Tratto da "Il Gazzettino" del 14/06/2006

Per approvare e far giungere ad un quarto di compimento le opere di salvaguardia chiamate Mose sono già passati quarant'anni da quel rovinoso e ripetibile evento alluvionale del 4 Novembre 1966.
A causa del crescente inquinamento dell'atmosfera e del conseguente ingovernabile effetto serra, ovunque, nel pianeta, insorgono violenti e imprevedibili tempeste. Nessuno può allora escludere con la necessaria certezza, la possibile, sciagurata ripetizione di una violenta sciroccata in alto Adriatico per casuale ed eccezzionale bassa pressione barica localizzata nell'ambito del Capo Corso o del Golfo di Genova.
Ecco allora che io mi domando e Vi domando chi sarà responsabile di un nuovo e non certo augurabile violento invaso mareografico dell'intera laguna per avere ritardato o addirittura sospeso gli attuali lavori di sbarramento alle bocche di porto?
Tutto è perfettibile si sa, ma io mi domando e Vi domando ancora perché, essersi mossi con tanto ritardo? E perché tanta certezza in opere alternative di rapida attuazione ed efficacia? Vi richiamo alla mente le pericolose e sconvolgenti bizzarrie meteo marine delle quali ho deto poc'anzi e dei cui danni provocati in America ed in Estremo Oriente siamo stati attoniti spettatori televisivi come nel recente caso dell'allagamento della città di New Orleans. Occorre prudenza. Bando dunque ai ritardi. Bisogna far presto a metterci in sicurezza.
Mi auguro allora che i controlli richiesti dal Comune e non condivisi da tutti, siano fatti con intelligenza, con senso di responsabilità, con competenza e, soprattutto, senza ulteriori perdite di tempo. Anche il porto, quale maggiore risorsa economica ha bisogno di certezza circa la sua agibilità dinamica ogni tempo.
In questi tempi di modernità e di avanguardie scientifiche credo nelle capacità degli uomini. Non raccolto le ironiche provocazioni di certa stampa inglese che vorrebbe lasciarci affondare. Di certo non vorrei neppure che, per incapacità o litigi o tenzoni poliche ci vedessimo costretti a pregare la Carissima Madonna della Salute di Salvare Venezia dalle acque alte come nel miracolosa caso delle passate pestilenze.

Ferruccio Falconi

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12/06/2006 - Trasporti e MoSE... «Troppe indecisioni»

Tratto da "Il Gazzettino" del 12/06/2006

Il professor Pier Francesco Ghetti è a Venezia dal '91. Quindici anni segnati dai soliti «temi ricorrenti», per usare le sue parole: dal Mose al futuro di Marghera, dalla città metropolitana a quella multipolare, dalla sublagunare ai temi della logistica in genere. Temi ricorrenti per cui non si arriva mai a un punto fermo. «Ma le decisioni, a un certo punto, bisogna pur prenderle - si scalda il rettore di Ca' Foscari -. Non si può continuare a parlare per anni e anni. Anche la decisione ha un suo tempo. E in questa logica dei temi ricorrenti c'è qualcosa che non quadra. É il segno di una società in crisi marcia». L'esempio principe, naturalmente, è quello del Mose . «Quando sono arrivato qui, come idrobiologo, subito i giornalisti mi hanno posto l'inevitabile domanda: Mose sì o Mose no - racconta Ghetti -. Inizialmente non sapevo bene di cosa si parlasse, poi mi sono informato, ma mi sono guardato bene dal rispondere. Il problema vero è che non si può continuare a non decidere». Ma il rettore porta anche altri esempi, come quello della bonifica di Marghera: «Nella nostra facoltà di Scienze ambientali ci sono tutte le competenze. Basta decidere...». O come quello della logistica: «É da quando sono arrivato qui che sento parlare di città multipolare, allargata, metropolitana. Ma di cosa stiamo parlando se per spostarsi da Venezia e Mestre si perde ancora più di un'ora. Il collegamento Piazza San Marco piazza Ferretto dovrebbe essere garantito in 20 minuti. Questo dovrebbe avvenire in una città normale. Invece quello che accade è che, ad esempio, per raggiungere il Vega in macchina da Venezia devo arrivare fino a Mestre e tornare indietro. E poi mi si parla di logistica».

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09/06/2006 - «Nessun progetto alternativo al Mose»

Tratto da "Il Gazzettino" del 09/06/2006

«Non è in discussione se l'opera si fa o no». Così ieri il ministro per le Infrastrutture, Antonio Di Pietro, dopo l'incontro con il sindaco di Venezia, Massimo Cacciari, svoltosi ieri a Roma per rivalutare il Mose per la protezione della laguna di Venezia. Di Pietro ha spiegato anche che ha già chiesto al premier, Romano Prodi, di indire una riunione straordinaria del Comitatone, e che comunque, nel frattempo, i cantieri vanno avanti. Anche perché è stato realizzato già il 25\% dell'opera (3,7 miliardi il costo complessivo previsto). E, sempre parlando di fondi, Di Pietro ha spiegato che anche per il Mose , come per altre opere, «non li abbiamo trovati. Bisognerà quindi rifinanziare la delibera del Cipe dello scorso maggio».Il ministro quindi non si è sbilanciato sulla valutazione dell'opera e se sarà il caso di portarla avanti o meno ,ma ha spiegato che allo stato «non ci sono progetti alternativi».L'ultima parola spetterà dunque al Comitatone che dovrà rispondere ai rilievi arrivati nei giorni scorsi anche dal Consiglio comunale veneziano. «Non posso che prendere atto della richiesta di una verifica arrivata da Cacciari - ha proseguito il ministro -. Noi siamo arrivati ora e prendiamo atto che il precedente governo ha utilizzato il meccanismo 'furbesco' del 'non rispondo'. Molte opere pubbliche sono state calate dall'alto. Invece bisogna confrontarsi. Insomma fare un'opera, come nel caso del Mose , è come tuffarsi a mare. Ormai l'hai deciso, non puoi tornare indietro. Bisogna vedere se cadi bene o prendi un paletto...».
«Ringrazio il ministro - ha detto ieri Cacciari - per l'attenzione con cui ha seguito la mia esposizione e per la cura con cui ha preso nota delle riserve, dei dubbi, delle perplessità che all'Amministrazione comunale e al Consiglio comunale sollevano vari aspetti sia delle procedure seguite per l'approvazione del progetto attualmente in opera alle bocche di porto, sia del suo impatto ambientale, della sua impostazione tecnica, delle sue conseguenze economiche. Il ministro Di Pietro si è detto d'accordo con l'Amministrazione comunale per avviare immediatamente un tavolo di verifica, che dovrà portare i suoi risultati al prossimo Comitato interministeriale».
Sull'incontro ha fortemente polemizzato il presidente della Giunta regionale e senatore di Forza Italia, Giancarlo Galan: «Invio un avviso a fare attenzione al ministro Di Pietro. Non si faccia ingannare dai Cacciari o dai Padoa Schioppa. Mi creda, i soldi per il Passante di Mestre e per il Mose ci sono. Non è questo il problema. Il problema è rappresentato dalle bugie di Cacciari, che non le dice tutto ciò che sa del Comitatone, di come cioè tutti i governi, compreso quello Berlusconi, abbiano sempre dato ascolto e ogni genere di sostegno alle richieste provenienti dal Comune di Venezia. Se qui c'è un furbetto, signor ministro, quel furbetto lei l'ha incontrato oggi».
E sempre a proposito di Comitatone, ieri Gennaro Marotta, capogruppo di Italia dei Valori in Consiglio provinciale, ha scritto al leader del suo partito, Di Pietro appunto, per appoggiare l'ingresso della Provincia nel Comitatone stesso. «Italia dei Valori - scrive Marotta - condivide in toto le motivazioni assunte dal Presidente Zoggia a base della richiesta e proprio le dinamiche tecnico-politiche attinenti decisioni e scelte strategiche per il territorio nel suo complesso si ritiene vadano condivise da tutti i livelli istituzionali. Per tali motivi appoggio e sostengo la richiesta del Presidente Zoggia... affinché la Provincia di Venezia possa sedere in via permanente al tavolo del "Comitatone"».

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08/06/2006 - Paolo Costa: «Caro Massimo, hai la memoria corta»

Tratto da "Il Gazzettino" del 08/06/2006

«Caro Massimo...». Formula di cortesia, ma toni decisi quelli di Paolo Costa, presidente della commissione trasporti e turismo del Parlamento europeo. E sul Mose è polemica tra l'ex sindaco e l'attuale. Una lettera aperta, quella del professore, indirizzata al filosofo per precisare, chiarire, rinfrescare la memoria. Come quando sottolinea con la matita blu quello che a suo dire è un errore ricorrente di Cacciari: che il progetto Mose attualmente in fase di realizzazione non avrebbe superato positivamente la valutazione di impatto ambientale. «Non è cosí - dice Costa - e non potrebbe essere altrimenti: nessuno avrebbe potuto nel caso autorizzare né la redazione del progetto esecutivo né l'avvio dei lavori».Poi un affondo: «Dovresti dunque ricordare - prosegue la lettera - di esser stato tu a chiedere come sindaco dell'epoca (Comitatone del 4 luglio 1995) che il progetto Mose venisse sottoposto alla valutazione di un gruppo di cinque esperti internazionali (gruppo al quale mi avevi chiesto originalmente di partecipare come membro italiano; sostituito dal professor Ignazio Musu quando venni chiamato a coprire l'incarico di Ministro dei Lavori Pubblici nel primo governo Prodi). Dovresti ricordare che i cinque esperti internazionali erano arrivati alla conclusione, consegnata a Prodi, che "il sistema delle barriere mobili (Mose ) è flessibile e robusto e sarà efficace per proteggere Venezia dall'acqua alta per un ampio spettro di scenari di aumento del livello del mare"».Costa rircorda ancora come la Commissione nazionale di valutazione di impatto ambientale avesse espresso un parere che aveva portato i ministri Ronchi e Melandri a emettere un decreto di valutazione di impatto ambientale sostanzialmente negativo, ma che poi quel decreto venne annullato dal Tar del Veneto senza che il governo Amato presentasse ricorso.Le precisazioni «per amore di verità» non finiscono qui. «Visto che ci sono - dice l'ex sindaco rivolto a Cacciari - ritorno anche su un altro punto anche questo, a mio avviso, richiamato sovente da te in modo sbagliato: che il mio voto in Comitatone del 3 aprile 2003 (via libera al progetto e ai lavori del Mose e contestuale accettazione degli "11 punti"richiesti dal Consiglio Comunale) avrebbe costituito una "forzatura" della delibera del Consiglio comunale».
«Anche qui - precisa Costa - la ricostruzione corretta dei fatti è un'altra. Il Comitatone è ovviamente il luogo nel quale si esercita per legge la "leale collaborazione" tra livelli di governo (nazionale, regionale e locale); non può quindi essere il luogo nel quale si "impone" la decisione del governo locale. Al Comitatone del 3 aprile 2003 lo Stato, appoggiato dalla Regione, si era presentato con una ipotesi di delibera di puro passaggio ai lavori del Mose , senza alcuna considerazione per le esigenze di riequilibrio morfologico della laguna, delle esigenze portuali, da salvaguardare con la conca di navigazione, e di interventi alla bocche per contrastare le acque alte minori: tutte esigenze messe in evidenza dalla delibera del Consiglio comunale. La decisione di compromesso fu trovata nell'integrare nel programma Mose gli 11 punti del Comune da portare avanti in parallelo. Questo per essere chiaro voleva dire che alcune delle proposte "ex-alternative", quelle capaci di difendere Venezia dalle acque alte minori, ma non dalle acque alte eccezionali, potevano e dovevano essere sperimentate e attuate in quanto capaci di ridurre il numero di impieghi delle barriere mobili - con acque alte modeste - e di rafforzarne gli effetti - con maree catastrofiche».
«Nessuna forzatura dunque - conclude Costa - ma "leale collaborazione" tra livelli di governo: uno dei pochi esempi di esercizio di quel "federalismo efficiente"che valorizza i punti di vista diversi da quello di Roma, ma senza cadere in veti incrociati paralizzanti. Un esercizio che chi come te ha dedicato tanta energia a sostenere un'impostazione federale del governo della cosa pubblica dovrebbe aver interesse a salvaguardare».

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