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  5. I settori produttivi

News della sezione I settori produttivi

11/10/2006 - Eventi al caffè Aurora: OverGlass, giovani artisti di Murano

L’associazione Aurora presenta tre eventi dedicati al vetro con i giovani maestri vetrai di Murano del gruppo OverGlass.
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05/09/2006 - «La monocultura del turismo ha ucciso l'arte del costruire»

Tratto da “Il Venezia” del 05/09/06

Artigiani come i panda: a rischio l’arte di costruire e addobbare le gondole e vestire i gondolieri. L’allarme è lanciato dall’associazione El Felze, che conta 28 tra squerarioli, remeri, otoneri, fravi, intagiadori e indoradori, ma anche marangoni e tapessieri, bareteri, calegheri e sartori. «La monocultura del turismo sta strozzando il nostro mestiere» annuncia Saverio Pastor, presidente dell’associazione e Giuliana Longo, vicepresidente, aggiunge: «Ogni volta che scade un contratto d’affitto muore un artigiano, perché rinnovarlo significa affrontare spese da multinazionale con introiti da piccola bottega». Globalizzazione, falsificazione, pochi incentivi e poco ricambio generazionale gli artigiani unici al mondo perché legati ad un mestiere solo veneziano, sono agonizzanti. A fronte anche di una svalutazione delle imbarcazioni noir. E se il dibattito sullo scafo in compensato è ancora aperto: «Utile per far fronte al moto ondoso - spiega Pastor -ma a che prezzo ideale?» sull’abito del gondoliere è anche un po’ polemica. Perché se Pastor da una parte sta pensando ad una divisa estiva più leggera, dall’altra si sta mettendo appunto un regolamento per i gondolieri, onde evitare sotto la maglietta a strisce ed il pantalone nero la scarpa Nike color oro o simile. Un problema però, perché i vestiti da gondoliere non li vuole fare nessuno e Longo spiega che: «A Venezia manca il sartor, nei nostri giri abbiamo bussato a tutte le porte, ma senza trovare un solo atelier disponibile a cucire gli abiti per i gondolieri, un peccato non veniale, specializzandosi un atelier si assicurerebbe 425 clienti, credo sia na questione di mentalità». E se da Las Vegas arriva la gondola falsa, che non rispetta nessuno dei parametri dell’imbarcazione veneziana, gli artigiani sono ben lungi dal registrare il marchio della gondola. «Abbiamo difficoltà a decollare per intoppi burocratici» spiega Pastor. Piace invece l’idea di Giuseppe Bortolussi, assessore alle attività produttive di «Creare incentivi ad hoc da parte dell’ente gondola per coloro che usano imbarcazioni veraci, quelle della tradizione, senza impedire l’innovazione , senza trasformare la gondola in una reliquia». Perché il problema è anche made in Venice: secondo El Felze sono in certi casi gli stessi gondolieri che svalutano il mestiere della gondola, preferendone di più dozzinali. Che sia una questione di costi? «Non solo, noi come artigiani –aggiunge Pastor – siamo disposti ad abbassare i prezzi perché ci teniamo alla sopravvivenza del nostro mestiere». Una piccola frecciata anche all’amministrazione che se da una parte sta cercando di dedicare luoghi alle corporazioni come accade alla Giudecca nell’incubatore ex Evion, dall’altra «Per costruire la stessa Fenice s’è andati al ribasso – commenta lo squerariolo Roberto Tramontin – ed i risultati si vedono tutti, a Venezia c’è l’ultimo battiloro d’Italia,Mario Berta», il resto è produzione industriale, in ferie, alla portata di più portafogli, ma senza l’incanto che solo un artigiano può catturare. El Felze era la cabina mobile posta al centro della gondola, riparo per i passeggeri d’inverno veniva imbarcata solo se necessario, in disuso, pare sia definitivamente scomparsa, ma gli artigiani si aspettano un trattamento diverso.
Marianna Bonso

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19/08/2006 - La Dow non riapre, tutto il Petrolchimico rischia

Tratto da "Il Gazzettino" del 19.08.2006 - Pag. I

La multinazionale Dow, proprio nel giorno in cui avrebbe dovuto riattivare gli impianti dopo una fermata di 15 giorni per manutenzione, ha annunciato di non aver intenzione di rimettere in ciclo la produzione. Almeno non subito. La chiamata al vice direttore degli industriali di Venezia è arrivata ieri mattina. Una telefonata breve da parte della direzione di Dow Chemical per annunciare che gli impianti di Tdi di Porto Marghera non avrebbero riaperto come da programma. Stabilimento chiuso almeno fino alla fine del mese di agosto. Immediata la risposta dell'Amministrazione, con il sindaco che ha invitato il ministro Bersani ad anticipare la riunione con aziende, fissata per la metà di settembre. Se gli impianti della Dow dovessero rimanere improduttivi a lungo, lo stop potrebbe causare gravi ripercussioni in tutto il sistema del ciclo del cloro ad essa collegato. L'effetto domino di una chiusura dell'impianto Tdi, al Petrolchimico si farebbe sentire nel giro di qualche settimana. «E' come togliere un tassello da un castello di carta - spiega il vicedirettore degli industriali veneziani, Persello - c'è il rischio che crolli tutto. A pagare le conseguenze sarebbe prima di tutto Ineos e poi Sindyal». Ora il timore si concentra sulle migliaia di posti di lavoro in bilico.
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Dall'edizione Nordest
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MARGHERA La decisione rischia di avere conseguenze anche sulla Syndial e l’Ineos-Evc, mettendo in crisi l’intera "filiera" del Petrolchimico

La Dow non riapre, migliaia di posti in bilico


Tratto da "Il Gazzettino" Edizione Nordest del 19.08.2006 - Pag. I

Mestre - La fabbrica della Dow Chemical non riapre dopo le manutenzioni di Ferragosto. I vertici veneziani della multinazionale americana - nonostante l'impegno preso con il ministro per lo Sviluppo economico, Pierluigi Bersani, non più di 20 giorni fa - hanno comunicato la decisione ieri mattina ai sindacati e al sindaco Massimo Cacciari, il quale li ha convocati per mercoledì prossimo. La Dow, con un gioco di parole, non ha annunciato la chiusura definitiva ma la "non riapertura", lasciando così nel dubbio i 200 lavoratori diretti, qualche altro centinaio dell'indotto e l'intero sistema produttivo chimico di Porto Marghera: un polo che conta oltre tremila addetti, più altri duemila degli appalti. È un primo pezzo, corposo, della chimica del cloro che "non riapre", quella chimica del cloro che un terzo degli elettori veneziani ha detto che vuole chiudere siglando la scheda del sondaggio-referendum di un mese fa. È anche l'inizio della fine di buona parte del Petrolchimico, se non tutto, perché la decisione di Dow avrà conseguenze quasi immediate anche sulle fabbriche degli altri due colossi, Syndial (ex EniChem, del gruppo Eni) e Ineos-Evc: gli americani con il Tdi - l'impianto che acquistò dall'Eni nel 2001 e che fu squassato dalla doppia esplosione del 28 novembre 2002, esplosione dalla quale partì la proposta del referendum e una campagna durissima contro le produzioni chimiche pericolose - riforniscono di acido cloridrico Syndial che, a sua volta, lo vende a Ineos-Evc che ne ricava dicloroetano, indispensabile per le sue produzioni di cvm e di pvc, i prodotti di base per le più comuni plastiche come i componenti delle automobili, dei telefonini e dell'edilizia. Senza le forniture del Tdi, Ineos sarà costretta a importare il dicloroetano dalla Sardegna, dagli impianti di Assemini, via nave, ma il tutto rischia di diventare tropo costoso; e la stessa Ineos, da tempo nel dubbio se continuare a produrre a Venezia o andarsene per concentrarsi negli altri siti europei che possiede, potrebbe seguire a ruota l'americana. Rimarebbe solo Syndial, ma per questa occorre fare un discorso a parte: essendo il gruppo Eni per il 30\% ancora del Tesoro italiano, potrebbe essere costretta dal ministro Bersani, o meglio dal Governo, a rimanere a Marghera, ma a quel punto dovrebbe farlo in grande stile, ossia acquistando le fabbriche di Dow e Ineos e garantendo l'integrità e l'integrazione dei cicli produttivi veneziani, due elementi fondamentali senza i quali non ha senso parlare di chimica a Porto Marghera, perché diventa un sistema troppo costoso e pericoloso per l'ambiente. Ma fare questo significherebbe ricomporre la grande chimica che esisteva prima della decisione di abbandonare il settore da parte dell'allora amministratore delegato di Eni Vittorio Mincato. Sarà possibile? Se lo chiedono da mesi i sindacati, per i quali è l'unica soluzione praticabile, essendosi accorti ormai da tempo delle intenzioni di Dow e del pericolo che esse costituiscono anche per il resto degli impianti: è tale impegno che dovrebbe contenere il Piano industriale per Porto Marghera che hanno chiesto al ministro Bersani. Cgil, Cisl e Uil torneranno a farlo presente al sindaco Cacciari questa mattina in Municipio a Metsre alle 9, prima che incontri i vertici di Dow e contando di convincerlo a fare un pressig molto più forte sul ministro per lo Svilupppo economico affinché acceleri i tempi della convocazione del tavolo su Porto Marghera: dovrebbe avvenire entro i primi di settembre, invece che a metà, visto che Dow ha annunciato di volerci pensare per una quindicina di giorni prima di prendere la decisione definitiva; nel frattempo continuerà a pagare regolarmente i lavoratori. "Siamo coscienti che dobbiamo lottare contro una parte dell'opinione pubblica che vede come una bella notizia quella della non riapertura del Tdi, contro parte delle istituzioni locali che, se non appoggiano direttamente gli ambientalisti, remano comunque contro, contro l'irresponsabilità delle aziende, prima di tutte Dow Chemical che non più di 20 giorni fa si era impegnata di fronte al ministro Bersani di continuare a produrre a Venezia, almeno fino a che le cose non si fossero chiarite" dicono Luca Bianco della Cisl, Franco Baldan della Cgil e Maurizio Don della Uil dei chimici. D'altro canto i permessi per rinnovare gli impianti del clorosoda (Syndial) e del cvm-pvc (Ineos) sono ancora bloccati al ministero dell'Ambiente nonostante l'iter, durato incredibilmente 6 lunghissimi anni, sia ormai concluso.
Che cosa succederà ora? Per metà settembre il ministro Bersani aveva dunque previsto di convocare il tavolo di lavoro - con aziende, sindacati, istituzioni locali - e di arrivare finalmente ad una soluzione per il futuro di una delle più grandi aree industriali chimiche europee. "Noi abbiamo sempre sostenuto che le aziende devono investire e che se non lo fanno sono irresponsabili, abbiamo anche chiesto fino a sgolarci che lo Stato e gli enti locali garantiscano procedure certe e veloci, altrimenti nessun privato accetta di continuare ad investire; tutto questo perché ci sono in ballo circa 5 mila posti di lavoro, tra diretti e in appalto, e si tratta di gente che mediamente non ha più di 40 anni, un'emergenza sociale senza precedenti perché nessuno ha ancora garantito alternative serie e reali - concludono i sindacati. - Senza contare che chiudere da un giorno all'altro significa provocare problemi enormi anche dal punto di vista ambientale perché smantellare questi impianti non è come chiudere a chiave una porta, e perché le bonifiche dei terreni devono ancora partire".
Ora che farete? "Torneremo a bloccare le strade, non ci lasciano alternative".
Elisio Trevisan
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19/08/2006 - Caso Dow: Le tappe

Tratto da "Il Gazzettino" del 19.08.2006 - pag VII

L'ultimo anno e mezzo è stato denso di avvenimenti importanti per le decisioni sul futuro di Porto Marghera e in particolare del ciclo del cloro negli impianti della zona.
Si parte dalle affermazioni del Governatore veneto, Giancarlo Galan, che nel 2005 aveva messo nero su bianco una data fondamentale per la chimica veneziana, presente sul territorio dagli anni Venti: il 31 dicembre 2015, ovvero il giorno, il mese e l'anno in cui si materializzerà la dismissione degli impianti chimici a Marghera. Dopo l'accordo di programma per Porto Marghera, siglato nel 1998, arriva alla vigilia dell'ultimo dell'anno 2005 il parere positivo del ministero dell'Ambiente per la sostituzione delle celle a mercurio con quelle a membrana, per modernizzare l'intero ciclo del cloro. Ma anche nei primi mesi del 2006 sono state prese decisioni estremamente importanti per il futuro del polo chimico. Si va dal tanto discusso Referendum o meglio "sondaggio" -il Referendum non poteva essere indetto perché la questione non riguardava soltanto materie di competenza del Comune- voluto dalla Giunta Cacciari nel luglio scorso, alla manifestazione dei lavoratori della chimica a Porto Marghera che mandarono in tilt il traffico per una giornata ai primi dello stesso mese, fino al tavolo romano con il ministro Bersani, che nelle prime battute ha visto protagonisti i rappresentanti dell'Amministrazione comunale e i vertici delle aziende, ma non i rappresentanti sindacali della categoria. Il sondaggio sul ciclo del cloro ha visto circa l'80 per cento dei cittadini aventi diritto (circa 225mila in tutto il territorio) esprimersi a favore del blocco degli impianti del ciclo del cloro a Marghera.
Sara Rossi

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19/08/2006 - «Pronti alla rivoluzione, se passa il ticket turismo»

Tratto da "Il Gazzettino" del 19/08/2006

Perché il Comune, invece di studiare nuove tasse contro il turismo non impara a spendere meglio i suoi soldi e a far funzionare le sue aziende? Esercenti ed albergatori, i destinatari del "ticket" da 50 centesimi o un euro, bocciano senza possibilità di appello l'idea del sindaco ma nello stesso tempo temono che il Governo possa assecondarlo. Sulla scia di Cacciari e Soru, infatti, si stanno muovendo moltissime località italiane tutte ansiose di imporre un pedaggio o comunque fare in modo che il turista "mordi e fuggi" lasci il suo obolo alle città che contribuisce a sporcare.
«Il problema turismo a Venezia esiste - sbotta Ernesto Pancin, segretario dell'Aepe, l'associazione veneziana degli esercenti - e non certo da oggi. Da decenni non viene mai affrontato, se non con divieti. Bisogna invece intervenire strutturalmente, con la creazione di terminal esterni e ben collegati e fare in modo che i flussi vengano distribuiti nell'arco di tutto l'anno. È evidente che il turismo è in aumento, ma è altrettanto evidente che nulla viene fatto per gestirlo. Guardiamoci intorno: piazzale Roma, Tronchetto, non esiste neppure un approdo dignitoso per chi arriva via mare e non trova neppure una toilette per rinfrescarsi. A questa città serve gente che di turismo ne capisce qualcosa: la politica faccia un passo indietro e si affidi a persone che conoscono l'argomento e hanno anche idee».
Franco Maschietto, presidente degli albergatori, si era già espresso due giorni fa senza mezzi termini sulla politica "contro" il turismo che ci si ostinerebbe a fare a Venezia.
«Se questa tassa che vogliono introdurre - commenta il presidente Ava - serve a pulire piazza San Marco, allora dico che noi dobbiamo essere esenti. I turisti che noi ospitiamo sono "solo" sei milioni, sono tutti educati e gli alberghi pagano la tassa sui rifiuti secondo la loro superficie anche se i turisti non ci sono. Se durante l'estate arrivano dalla terraferma e dal litorale milioni di turisti, è vero anche che pagano tutti il biglietto Actv (cinque euro a persona). Perché, visto che nella navigazione Actv è in attivo, non passa una parte del corrispettivo al Comune? Un Comune che fa guadagnare le proprie aziende e le fa restare in attivo sarebbe un esempio di buona amministrazione».
Infine, un avvertimento: gli albergatori, anche su scala nazionale, non staranno con le mani in mano se un progetto simile andrà avanti.
«Faremo una rivoluzione - conclude - come per le quote latte se questa tassa dovesse trovare i favori del governo. Troveranno a Roma tutti gli albergatori, che di balzelli ne pagano fin troppi. Solo pochi giorni fa ci hanno messo la "tassa" sulle caldaie, ci sono poi la derattizzazione e i diritti Siae sulle musiche delle segreterie telefoniche. Ora basta».
L'associazione Telefoono Blu è già pronta a impugnare provvedimenti di questo genere ovunque vengano approvati.
«È come sputare nel piatto dove si mangia - afferma una nota - a Venezia, dove il traghetto ai foresti costa 5 euro e per fare la pipì si paga diversamente da turisti che da veneziani questa tassa esiste già».
Michele Fullin

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