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20/08/2006 - L'ex sindaco Mario Rigo: «Numero chiuso per Venezia»

Tratto da "Il Gazzettino" del 20.08.2006 - pag III

Maggio 1983: Mario Rigo, sindaco di Venezia, lancia la proposta di un ticket d'ingresso, 10mila lire per ciascun turista, le auto bloccate a Mestre, il ponte della Libertà chiuso al traffico, solo imbarcazioni a remi sul Canal Grande. «Oggi si visita Venezia gratis - diceva all'epoca Rigo - e questo non è più possibile».
Agosto 2006: Massimo Cacciari, sindaco di Venezia al terzo mandato, propone una tassa di scopo: chiede che il governo preveda in Finanziaria una norma che autorizzi i Comuni a tassare i turisti per far fronte alle spese - rifiuti, pulizia, spazzamento - di cui gli enti locali devono farsi carico. «Penso a una addizionale per Venezia - dice Cacciari - cinquanta centesimi sullo scontrino del ristorante, un euro sul conto dell'albergo».
1983-2006. Sono passati 23 anni, quasi un quarto di secolo e di turismo si continua a parlare. Quel che Rigo proponeva quando lanciò l'idea del ticket è tuttora oggetto di discussione: non si è fatto niente. Le automobili continuano a intasare piazzale Roma (Rigo 1983: «Piazzale Roma è più un elemento di confusione che di utilità»). Della metropolitana che doveva collegare la terraferma con il centro storico abbiamo solo alcuni (eterni) scavi a Favaro e a Marghera. Idem per i terminal di Tessera, Fusina e San Giuliano. Quanto al Canal Grande, oltre al moto ondoso provocato dalle barche a motore sono cresciute anche le ordinanze (molte volte annunciate, spesso ritirate).
In questo quarto di secolo passato a discutere, restano costanti le critiche. Oggi sono gli albergatori e i pubblici esercenti a bocciare la richiesta di Massimo Cacciari (tra l'altro anche a Roma il Comune sta pensando di istituire un contributo di soggiorno per ogni notte di pernottamento dei turisti), ma pure il ticket di Mario Rigo aveva provocato una tempesta di polemiche. Tant'è che alla fine non se ne fece niente. «L'idea di uno che ha preso un colpo di sole», disse all'epoca Gianni De Michelis. «Improponibile una regolamentazione coercitiva degli accessi mediante l'istituzione di un pedaggio per i turisti», tuonò l'allora vicesindaco Paolo Cacciari (lo stesso che, nel 2004, assessore all'Ambiente della giunta di Paolo Costa, votò a favore del bollino rosso antismog - 90 euro all'anno - per i non residenti). «Provvedimento ghigliottina», disse la Democrazia cristiana protestando contro il sindaco Rigo che voleva «fare di Venezia una moderna Pompei». Una "moderna Pompei" nel 1983 dava l'idea di una città morta, una città-museo. Concetto che oggi Mario Rigo considera sorpassato: «A distanza di anni per Venezia è stata superata anche la città-museo, stiamo andando verso una nuova Gardaland».
Val la pena ricordare che nel 1983, quando a Ca' Farsetti sedeva Rigo, a Venezia c'erano oltre 100mila abitanti. Adesso sono 60mila, in compenso sono aumentati i visitatori: 18 milioni di presenze turistiche all'anno. Rigo - che ormai si è trasferito a Roma - scuote la testa: «La situazione è precipitata. Solo con un controllo rigido delle presenze turistiche si potrà salvare Venezia. Vanno governati i flussi, va favorita la nascita di case pubbliche da dare ai veneziani e a chi a Venezia lavora, altro che nuovi alberghi». La "tassa sulla pizza" o sul "letto d'albergo" può andar bene per sostenere i costi delle pulizie, ma non basta. «Serve il numero chiuso», dice oggi Mario Rigo. Che fa il seguente esempio: «Alla Fenice ci stanno mille persone. Se quattromila persone vogliono andare a teatro non possono farlo tutte assieme: devono prenotare, mettersi in coda. Venezia è come la Fenice. Il turismo deve essere misurato sulle dimensioni della città».
Alda Vanzan
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Il ticket a Venezia? Discutiamone ...


Il ticket a Venezia? Discutiamone all'interno dell'Apt. È quanto propone il presidente della Provincia, Davide Zoggia, convinto che «il dibattito per una tassazione del turismo a Venezia sia al momento sia monco», visto che «mancano al confronto voci importanti di componenti che sono essenziali per il fenomeno turistico veneziano».
«Il dibattito sulla tassazione del turismo veneziano - dice Zoggia - non può in sede locale essere circoscritto all'amministrazione comunale e agli albergatori. Un utile contributo alla discussione può venire anche da altre e diverse categorie produttive che traggono alimento dalle presenze turistiche in città». Il presidente di Ca' Corner concorda sul fatto che «oltre un certo limite - può essere quello dei 20 milioni o forse già è stato superato - Venezia e i veneziani non possono reggere. Raddoppiare quotidianamente la popolazione residente non è sopportabile. E mi rendo anche conto che il governo della situazione può non essere legato ad una sola azione. E' necessario concordare un percorso che guardi al medio periodo, che sia condiviso tra tutti i soggetti, che agisca su di una rete di fattori. Il turismo cresce a Venezia del 10 per cento l'anno anche senza che la città programmi nuove iniziative, particolari mostre od occasioni culturali, artistiche, spettacolari: lo dimostra lo stesso Carnevale che pur con una programmazione ridotta comunque attira un pubblico affezionato». Secondo Zoggia «solo l'Apt può essere la sede giusta per una discussione a tutto campo. Vi sono al suo interno rappresentanze economiche diverse, istanze territoriali estese, presenze pubbliche e private. A questo ente (che abbiamo recentemente riformato con la volontà di metterlo disposizione dell'innovazione turistica) possa essere affidato realmente il compito di promuovere una convention d'area vasta, direi metropolitana, sulle questioni legate al turismo».
News correlata a: [ Dibattito sul turismo ] [ Turismo ]

 

19/08/2006 - La Dow non riapre, tutto il Petrolchimico rischia

Tratto da "Il Gazzettino" del 19.08.2006 - Pag. I

La multinazionale Dow, proprio nel giorno in cui avrebbe dovuto riattivare gli impianti dopo una fermata di 15 giorni per manutenzione, ha annunciato di non aver intenzione di rimettere in ciclo la produzione. Almeno non subito. La chiamata al vice direttore degli industriali di Venezia è arrivata ieri mattina. Una telefonata breve da parte della direzione di Dow Chemical per annunciare che gli impianti di Tdi di Porto Marghera non avrebbero riaperto come da programma. Stabilimento chiuso almeno fino alla fine del mese di agosto. Immediata la risposta dell'Amministrazione, con il sindaco che ha invitato il ministro Bersani ad anticipare la riunione con aziende, fissata per la metà di settembre. Se gli impianti della Dow dovessero rimanere improduttivi a lungo, lo stop potrebbe causare gravi ripercussioni in tutto il sistema del ciclo del cloro ad essa collegato. L'effetto domino di una chiusura dell'impianto Tdi, al Petrolchimico si farebbe sentire nel giro di qualche settimana. «E' come togliere un tassello da un castello di carta - spiega il vicedirettore degli industriali veneziani, Persello - c'è il rischio che crolli tutto. A pagare le conseguenze sarebbe prima di tutto Ineos e poi Sindyal». Ora il timore si concentra sulle migliaia di posti di lavoro in bilico.
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Dall'edizione Nordest
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MARGHERA La decisione rischia di avere conseguenze anche sulla Syndial e l’Ineos-Evc, mettendo in crisi l’intera "filiera" del Petrolchimico

La Dow non riapre, migliaia di posti in bilico


Tratto da "Il Gazzettino" Edizione Nordest del 19.08.2006 - Pag. I

Mestre - La fabbrica della Dow Chemical non riapre dopo le manutenzioni di Ferragosto. I vertici veneziani della multinazionale americana - nonostante l'impegno preso con il ministro per lo Sviluppo economico, Pierluigi Bersani, non più di 20 giorni fa - hanno comunicato la decisione ieri mattina ai sindacati e al sindaco Massimo Cacciari, il quale li ha convocati per mercoledì prossimo. La Dow, con un gioco di parole, non ha annunciato la chiusura definitiva ma la "non riapertura", lasciando così nel dubbio i 200 lavoratori diretti, qualche altro centinaio dell'indotto e l'intero sistema produttivo chimico di Porto Marghera: un polo che conta oltre tremila addetti, più altri duemila degli appalti. È un primo pezzo, corposo, della chimica del cloro che "non riapre", quella chimica del cloro che un terzo degli elettori veneziani ha detto che vuole chiudere siglando la scheda del sondaggio-referendum di un mese fa. È anche l'inizio della fine di buona parte del Petrolchimico, se non tutto, perché la decisione di Dow avrà conseguenze quasi immediate anche sulle fabbriche degli altri due colossi, Syndial (ex EniChem, del gruppo Eni) e Ineos-Evc: gli americani con il Tdi - l'impianto che acquistò dall'Eni nel 2001 e che fu squassato dalla doppia esplosione del 28 novembre 2002, esplosione dalla quale partì la proposta del referendum e una campagna durissima contro le produzioni chimiche pericolose - riforniscono di acido cloridrico Syndial che, a sua volta, lo vende a Ineos-Evc che ne ricava dicloroetano, indispensabile per le sue produzioni di cvm e di pvc, i prodotti di base per le più comuni plastiche come i componenti delle automobili, dei telefonini e dell'edilizia. Senza le forniture del Tdi, Ineos sarà costretta a importare il dicloroetano dalla Sardegna, dagli impianti di Assemini, via nave, ma il tutto rischia di diventare tropo costoso; e la stessa Ineos, da tempo nel dubbio se continuare a produrre a Venezia o andarsene per concentrarsi negli altri siti europei che possiede, potrebbe seguire a ruota l'americana. Rimarebbe solo Syndial, ma per questa occorre fare un discorso a parte: essendo il gruppo Eni per il 30\% ancora del Tesoro italiano, potrebbe essere costretta dal ministro Bersani, o meglio dal Governo, a rimanere a Marghera, ma a quel punto dovrebbe farlo in grande stile, ossia acquistando le fabbriche di Dow e Ineos e garantendo l'integrità e l'integrazione dei cicli produttivi veneziani, due elementi fondamentali senza i quali non ha senso parlare di chimica a Porto Marghera, perché diventa un sistema troppo costoso e pericoloso per l'ambiente. Ma fare questo significherebbe ricomporre la grande chimica che esisteva prima della decisione di abbandonare il settore da parte dell'allora amministratore delegato di Eni Vittorio Mincato. Sarà possibile? Se lo chiedono da mesi i sindacati, per i quali è l'unica soluzione praticabile, essendosi accorti ormai da tempo delle intenzioni di Dow e del pericolo che esse costituiscono anche per il resto degli impianti: è tale impegno che dovrebbe contenere il Piano industriale per Porto Marghera che hanno chiesto al ministro Bersani. Cgil, Cisl e Uil torneranno a farlo presente al sindaco Cacciari questa mattina in Municipio a Metsre alle 9, prima che incontri i vertici di Dow e contando di convincerlo a fare un pressig molto più forte sul ministro per lo Svilupppo economico affinché acceleri i tempi della convocazione del tavolo su Porto Marghera: dovrebbe avvenire entro i primi di settembre, invece che a metà, visto che Dow ha annunciato di volerci pensare per una quindicina di giorni prima di prendere la decisione definitiva; nel frattempo continuerà a pagare regolarmente i lavoratori. "Siamo coscienti che dobbiamo lottare contro una parte dell'opinione pubblica che vede come una bella notizia quella della non riapertura del Tdi, contro parte delle istituzioni locali che, se non appoggiano direttamente gli ambientalisti, remano comunque contro, contro l'irresponsabilità delle aziende, prima di tutte Dow Chemical che non più di 20 giorni fa si era impegnata di fronte al ministro Bersani di continuare a produrre a Venezia, almeno fino a che le cose non si fossero chiarite" dicono Luca Bianco della Cisl, Franco Baldan della Cgil e Maurizio Don della Uil dei chimici. D'altro canto i permessi per rinnovare gli impianti del clorosoda (Syndial) e del cvm-pvc (Ineos) sono ancora bloccati al ministero dell'Ambiente nonostante l'iter, durato incredibilmente 6 lunghissimi anni, sia ormai concluso.
Che cosa succederà ora? Per metà settembre il ministro Bersani aveva dunque previsto di convocare il tavolo di lavoro - con aziende, sindacati, istituzioni locali - e di arrivare finalmente ad una soluzione per il futuro di una delle più grandi aree industriali chimiche europee. "Noi abbiamo sempre sostenuto che le aziende devono investire e che se non lo fanno sono irresponsabili, abbiamo anche chiesto fino a sgolarci che lo Stato e gli enti locali garantiscano procedure certe e veloci, altrimenti nessun privato accetta di continuare ad investire; tutto questo perché ci sono in ballo circa 5 mila posti di lavoro, tra diretti e in appalto, e si tratta di gente che mediamente non ha più di 40 anni, un'emergenza sociale senza precedenti perché nessuno ha ancora garantito alternative serie e reali - concludono i sindacati. - Senza contare che chiudere da un giorno all'altro significa provocare problemi enormi anche dal punto di vista ambientale perché smantellare questi impianti non è come chiudere a chiave una porta, e perché le bonifiche dei terreni devono ancora partire".
Ora che farete? "Torneremo a bloccare le strade, non ci lasciano alternative".
Elisio Trevisan
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19/08/2006 - Caso Dow: Le tappe

Tratto da "Il Gazzettino" del 19.08.2006 - pag VII

L'ultimo anno e mezzo è stato denso di avvenimenti importanti per le decisioni sul futuro di Porto Marghera e in particolare del ciclo del cloro negli impianti della zona.
Si parte dalle affermazioni del Governatore veneto, Giancarlo Galan, che nel 2005 aveva messo nero su bianco una data fondamentale per la chimica veneziana, presente sul territorio dagli anni Venti: il 31 dicembre 2015, ovvero il giorno, il mese e l'anno in cui si materializzerà la dismissione degli impianti chimici a Marghera. Dopo l'accordo di programma per Porto Marghera, siglato nel 1998, arriva alla vigilia dell'ultimo dell'anno 2005 il parere positivo del ministero dell'Ambiente per la sostituzione delle celle a mercurio con quelle a membrana, per modernizzare l'intero ciclo del cloro. Ma anche nei primi mesi del 2006 sono state prese decisioni estremamente importanti per il futuro del polo chimico. Si va dal tanto discusso Referendum o meglio "sondaggio" -il Referendum non poteva essere indetto perché la questione non riguardava soltanto materie di competenza del Comune- voluto dalla Giunta Cacciari nel luglio scorso, alla manifestazione dei lavoratori della chimica a Porto Marghera che mandarono in tilt il traffico per una giornata ai primi dello stesso mese, fino al tavolo romano con il ministro Bersani, che nelle prime battute ha visto protagonisti i rappresentanti dell'Amministrazione comunale e i vertici delle aziende, ma non i rappresentanti sindacali della categoria. Il sondaggio sul ciclo del cloro ha visto circa l'80 per cento dei cittadini aventi diritto (circa 225mila in tutto il territorio) esprimersi a favore del blocco degli impianti del ciclo del cloro a Marghera.
Sara Rossi

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19/08/2006 - «Pronti alla rivoluzione, se passa il ticket turismo»

Tratto da "Il Gazzettino" del 19/08/2006

Perché il Comune, invece di studiare nuove tasse contro il turismo non impara a spendere meglio i suoi soldi e a far funzionare le sue aziende? Esercenti ed albergatori, i destinatari del "ticket" da 50 centesimi o un euro, bocciano senza possibilità di appello l'idea del sindaco ma nello stesso tempo temono che il Governo possa assecondarlo. Sulla scia di Cacciari e Soru, infatti, si stanno muovendo moltissime località italiane tutte ansiose di imporre un pedaggio o comunque fare in modo che il turista "mordi e fuggi" lasci il suo obolo alle città che contribuisce a sporcare.
«Il problema turismo a Venezia esiste - sbotta Ernesto Pancin, segretario dell'Aepe, l'associazione veneziana degli esercenti - e non certo da oggi. Da decenni non viene mai affrontato, se non con divieti. Bisogna invece intervenire strutturalmente, con la creazione di terminal esterni e ben collegati e fare in modo che i flussi vengano distribuiti nell'arco di tutto l'anno. È evidente che il turismo è in aumento, ma è altrettanto evidente che nulla viene fatto per gestirlo. Guardiamoci intorno: piazzale Roma, Tronchetto, non esiste neppure un approdo dignitoso per chi arriva via mare e non trova neppure una toilette per rinfrescarsi. A questa città serve gente che di turismo ne capisce qualcosa: la politica faccia un passo indietro e si affidi a persone che conoscono l'argomento e hanno anche idee».
Franco Maschietto, presidente degli albergatori, si era già espresso due giorni fa senza mezzi termini sulla politica "contro" il turismo che ci si ostinerebbe a fare a Venezia.
«Se questa tassa che vogliono introdurre - commenta il presidente Ava - serve a pulire piazza San Marco, allora dico che noi dobbiamo essere esenti. I turisti che noi ospitiamo sono "solo" sei milioni, sono tutti educati e gli alberghi pagano la tassa sui rifiuti secondo la loro superficie anche se i turisti non ci sono. Se durante l'estate arrivano dalla terraferma e dal litorale milioni di turisti, è vero anche che pagano tutti il biglietto Actv (cinque euro a persona). Perché, visto che nella navigazione Actv è in attivo, non passa una parte del corrispettivo al Comune? Un Comune che fa guadagnare le proprie aziende e le fa restare in attivo sarebbe un esempio di buona amministrazione».
Infine, un avvertimento: gli albergatori, anche su scala nazionale, non staranno con le mani in mano se un progetto simile andrà avanti.
«Faremo una rivoluzione - conclude - come per le quote latte se questa tassa dovesse trovare i favori del governo. Troveranno a Roma tutti gli albergatori, che di balzelli ne pagano fin troppi. Solo pochi giorni fa ci hanno messo la "tassa" sulle caldaie, ci sono poi la derattizzazione e i diritti Siae sulle musiche delle segreterie telefoniche. Ora basta».
L'associazione Telefoono Blu è già pronta a impugnare provvedimenti di questo genere ovunque vengano approvati.
«È come sputare nel piatto dove si mangia - afferma una nota - a Venezia, dove il traghetto ai foresti costa 5 euro e per fare la pipì si paga diversamente da turisti che da veneziani questa tassa esiste già».
Michele Fullin

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18/08/2006 - Cacciari vuole il ticket per «pagare» il turismo

Tratto da "Il Gazzettino" - edizione Nordest - pag I

Sindaco Massimo Cacciari, lei non può tassare i turisti che arrivano a Venezia.
«Lo so, ma dovrò farlo. Il governo deve prevedere nella Finanziaria 2007 una norma che consenta ai Comuni di istituire la tassa sul soggiorno o qualcosa di analogo».
Vuole istituire una tassa sul lusso come quella del governatore della Sardegna?
«Macché lusso, qui non c'è lusso da tassare. Cortina d'Ampezzo, forse, può essere paragonata alla Costa Smeralda. A Venezia il problema è la quantità di turisti. Già ora abbiamo 18 milioni all'anno di visitatori, quando arriveremo a 20 milioni non potremo reggere l'urto. Con la fiscalità ordinaria non riusciremo garantire pulizia, spazzamento, raccolta dei rifiuti. C'è un problema di manutenzione e conservazione del patrimonio culturale, artistico, naturale. E i costi sono pazzeschi».
Intanto avete tassato gli autobus turistici istituendo le Zone a traffico limitato: un pass 180 euro. Ma neanche quello è sufficiente. Allora?
«Allora o lo Stato trasferisce maggiori entrate ai Comuni per sopperire ai maggiori costi determinati dalla presenza di milioni di turisti, oppure dovremo pensare a una tassa di soggiorno».
Può pensarla, ma non può istituirla: la legge non lo consente.
«Lo so. E per questo mi aspetto che nella prossima Finanziaria il governo dia ai Comuni la possibilità di istituire le tasse di scopo».
Tasse uguali per tutti?
«No, tasse a discrezione dei singoli Comuni perché ogni Comune, ogni regione ha le sue specificità. Altro che devolution, qui si tratta di riconoscere autonomia impositiva agli enti locali. Anche sul fronte dell'Ici».
Ipotizziamo una tassa di soggiorno: a Venezia servirebbe a poco visto che su 18 milioni di presenze, solo 5-6 milioni pernottano e 11 milioni sono pendolari mordi-e-fuggi.
«Ma chi ha parlato di tassa sul pernottamento? Io sto pensando a una tassa di scopo, da concertare con le categorie economiche, sul genere dell'iniziativa attuata a Londra da una catena di pizzerie».
Quella è una addizionale legata al restauro di opere della Soprintendenza.
«E qui invece sarebbe una addizionale per Venezia. Diciamo la tassa "Per Venezia". O "Per Venezia Viva"».
E come pensa di chiedere questi soldi ai turisti?
«È semplicissimo. Vai al ristorante, mangi e sullo scontrino ti viene caricata una somma per Venezia. Cinquanta centesimi. Chi può protestare per cinquanta centesimi destinati alla città? Vai in albergo, passi le tue vacanze, dormi e quando ti presentano il conto ti applicano un euro. Se uno spende mille euro al Cipriani, non credo protesti di fronte a una fattura di mille e un euro. Sono sicuro: nessuno se ne accorge, anzi pagano volentieri».
I soldi di questa tassa dove finirebbero?
«Non nelle casse comunali, ma il Comune potrebbe disporre di 6-7 milioni di euro in più all'anno per il lavaggio frequente di piazza San Marco, per pulire le calli, per svuotare più spesso i contenitori dei rifiuti».
Nel frattempo il Comune, autorizzando i cambi d'uso urbanistici, consente l'apertura di nuovi alberghi. Non è un controsenso?
«Non è vero niente che favoriamo i cambi d'uso, io quest'anno ho impedito la nascita di dieci nuovi alberghi a Venezia».
E come ha fatto?
«Ho dissuaso».
Alda Vanzan
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